GASPAR HOVIC
Vita e Opere

Le ricerche sulla vita e sulle opere dell'Hovic non sono del tutto complete e si tingono di una molteplicità d'errori e malintesi, favorite pure dall'eterogeneità di stili adottati dal non sempre geniale artista, che si lascia permeare da molteplici influenze sia italiane sia fiamminghe.

Dati sicuri della sua vita sono la sua nascita verso il 1550 ad Audenard, una piccola cittadina fiamminga, commercialmente fiorente nei dintorni di Gand. Il padre, Josse, era un fabbricante di tappeti del luogo e probabilmente nella sua bottega Gaspar conobbe i primi rudimenti del mestiere. Verso il 1570, all'età di vent'anni fece il suo primo viaggio in Italia, fermandosi a Mantova dove fu discepolo di Lorenzo Costa da cui apprese il gusto di affollare e scandire verticalmente le composizioni e le influenze zuccaresche (poiché il Costa aveva lavorato a Roma insieme allo Zuccari dal 1561 al '63). Nell'ambiente Mantovano Gaspar entra in contatto anche con le prime opere del manierismo romano dello stesso Zuccari, del Barocci e di Marco Pino.

Con queste esperienze si dirige verso Roma; la sua presenza è documentata dal '74 al '77 grazie alle memorie del biografo, pittore e amico Carel Van Marden. In questo periodo ammira la pittura di genere e di paesaggio e, in particolare, i lavori di Jacopo Bassano. Dopo un lungo periodo di vagabondaggio nei diversi centri artistici della penisola, Gaspar si stabilisce a Bari, presso il Vescovo della città. In Puglia non si arricchì tanto con la pittura, bensì con il commercio del grano: approfittando di una carestia nella regione, s'improvvisò importatore di grani dalle Fiandre.

Nel 1589 ritorna in patria, dove secondo alcuni studiosi, come L'Immerzeel, muore verso 1611. Invece l'ultima opera da noi conosciuta porta la data 1613 e si trova a Ruvo, smentendo così quest'affermazione e aprendo l'ipotesi della morte del pittore in anni successivi e sempre in terra italiana.

Queste informazioni sono ricavate dai dati che ci offrono le opere del pittore stesso, pure se grazie al ritrovamento d'altri documenti e fonti si possono ipotizzare altri spostamenti dell'artista.

Maria Stella Calò4 in un approfondito studio sul pittore ci fornisce delle ipotesi e informazioni interessanti per ricostruire la vita del Nostro.

Innanzi tutto ci chiarisce l'errore nella lettura del nome dell'artista, essendo Gaspar Hovic il nome latinizzato (com'era abitudini tra i romanisti) di Jaspaert Heuvich o Huevick, e assodando il dato che il pittore presente ad Auderland, che negli anni successivi dipinge in Puglia è la stessa persona.

Pochi studiosi, prima di questo saggio, si erano interessati ad una ricerca critica sull'artista. Il primo a menzionarlo è lo Schulz5 nel lontano 1860 incorrendo in un duplice errore: aveva letto male la firma (Hovis invece di Hovic) e confuso la chiesa di S. Bernardino con quella di S. Maria dei Martiri, dove non è mai esistito un quadro di Gaspar. La stessa imprecisione è accolta da altri studiosi. Solo il Salmi6 nel 1919 salvò gli errori, citando solo alcune opere del pittore e definendolo come un superficiale imitatore dei veneti.

Altri studiosi si sono limitati a citare alcune opere del pittore senza dare un giudizio critico come A. Salvemini7 che nomina soltanto i dipinti di S. Bernardino; il Bernich8 che menziona la Madonna degli Angeli della Chiesa di Sant'Angelo in Ruvo; e il Galizia9 che cita la Madonna di Costantinopoli della Chiesa di Sant'Antonio a Polignano.

Il Fokker10 è il primo studioso che arricchisce la conoscenza sull'Hovic, catalogando le sue opere nelle chiese italiane e studiando pure la sua attività in Fiandra.

Pure gli studiosi fiamminghi hanno notato l'artista; il primo e il più interessante di tutti, perché suo contemporaneo e amico fu Van Mander,11 che scrisse una Vita dei pittori del suo tempo come aveva fatto pure il Vasari in anni precedenti. Questa fonte che ci descrive i viaggi realizzati dal Nostro da Audenarde, Mantova, Roma e Bari, è una delle più attendibili perché, come abbiamo già detto, i due pittori erano uniti da una forte amicizia.

Il Vander Meersch12 nel 1884 scrive un saggio su tre pittori belgi, tra i quali studia il Nostro, dilungandosi specialmente sull'attività del padre (appartenente all'alta borghesia) e l'ambiente della sua città natale.

Mentre Nagler13 parla del viaggio del pittore a Mantova e dei suoi rapporti con Lorenzo Costa; l'Hymans14 c'informa che nella città natale dell'Hovic non ci sono notizie della sua morte, confermando la tesi del suo decesso in terra di Bari.

Queste sono le uniche citazioni fatte sul pittore fino al più aggiornato e più completo saggio di Stella Calò Mariani15 che ci fornisce gran parte delle informazioni qui riportate ed inoltre connota in maniera più chiara la figura dell'Hovic. Ci dice, ad esempio, che il pittore è stato sposato: notizie ricavate dal fatto che un certo Carlo Ovicchio (nome che fa pensare ad un figlio legittimo) risulta essere proprietario di una casa che nel 1619 apparteneva al pittore (particolare importante, che conferma quanto già detto, e cioè che in quella data il pittore era ancora vivo).

La studiosa ricostruisce anche le tappe dei numerosi viaggi fatti da Hovic: da Audenarde a Mantova e della sua permanenza a Roma dal 1574 al '77, e in seguito, dopo diversi viaggi (solo ipotizzabili), del suo arrivo a Bari. L'attività pugliese del Nostro si può dividere in due periodi: il primo da collocarsi tra la permanenza romana e il ritorno ad Audenarde, e il secondo, più lungo, che coincide con l'ultima parte della sua attività e della sua vita, dal 1596 (anno in cui dipinge le due tele che sono oggetto di questo studio) in poi.

Stella Calò Mariani partendo dalle influenze "straniere" rintracciabili nella pittura di Gaspar Hovic ricostruisce le varie tappe dei viaggi del pittore, immaginando, infatti, il viaggio di rientro dalla sua città natale in Puglia attraverso la Germania dove, probabilmente Monaco, ha incontrato Hans Von Acher, pittore romanista, autore di una Natività con evidenti influssi veneziani, opera che, probabilmente, ha influenzato molto l'uso del "colore veneto" che caratterizzerà le opere di Hovic in un determinato periodo. E forse a Firenze, dopo essere passato da Verona, da Venezia e da Mantova, incontra Jacopo Lingozzo, più volte accostato a lui da molti biografi. Infine, prima di arrivare a Bari, è facile immaginare una sua tappa a Napoli.

Lo studioso M. D'Elia,16 analizzando le opere di Hovic ha riscontrato evidenti influssi napoletani che lascerebbero presupporre appunto un soggiorno del pittore nella città partenopea, anche se non è da escludere un'influenza indiretta, poiché in quegli anni molte opere napoletane circolavano in Puglia

Prima di soffermarci sulle due tele di S. Bernardino di Molfetta, oggetto di questo studio, proviamo ad analizzare, anche se brevemente, gli altri dipinti attribuiti all'Hovic per cercare di individuare lo stile e le varie influenze che poi andremo a rintracciare nelle due opere che qui ci interessano.

Il primo quadro di cui abbiamo notizia è un San Nicola in Trono, presente nella Chiesa dell'Ospedale di Minervino Murge, datato 1581. L'impianto arcaizzante con poche figure, organizzate equilibratamente, proviene direttamente dall'osservazione delle icone bizzantineggianti delle quali la Puglia era ricca. La figura del Santo ci rimanda all'influenza del manierismo romano, in maniera particolare nel panneggio che avvolge il personaggio.

L'anno dopo l'esecuzione di questo dipinto l'Hovic si trova ad Audenard dove, sotto commissione, dipinge L'Allegoria della Giustizia e il Giudizio Universale .

La prima opera conserva ancora la composizione schematica del San Nicola di Minervino, con chiari caratteri del manierismo italiano, infatti le figure ci ricordano Giulio Romano con reminiscenze emiliane. Questo aspetto del pittore caratterizzerà tutta la sua opera: l'adesione letterale al modello pittorico che egli presenta senza una reintrerpretazione neanche dal punto di vista cromatico.

Nel Giudizio, l'Hovic riprende i modelli dei grandi della pittura italiana: la Sistina michelangiolesca, citata soprattutto per il contenuto, mentre per quanto riguarda le forme sono di chiara natura raffaellesca, specialmente quelle presenti nella Stanza della Segnatura in Vaticano. Alla fantasia fiamminga (che ricorda il Bosch) s'ispirano invece i demoni mostruosi dell'inferno.

Nel 1596 Gaspar si trova in Puglia, per eseguire due tele: il San Michele, e l'Adorazione dei Pastori che tratteremo approfonditamente più avanti.

Del 1598 è La Madonna degli Angeli presente nella chiesa di Sant'Angelo in Ruvo. Lo schema compositivo ci riporta di nuovo ad influenze raffaellesche filtrate dall'Emilia e a quelle del manierismo romano in particolare, nella disposizione tortuosa dei corpi. Risalta in questo dipinto il rifarsi ad uno stesso, e sempre uguale, modello facciale: viso molle, palpebre pesanti, labbro superiore cortissimo e sorriso sfuggente. Il ritratto del committente invece, è molto più preciso, e questo denota una migliore capacità dell'autore nell'eseguire ritratti.

Nella Chiesa di Sant'Antonio a Polignano si conserva la grande tela di S. Maria di Costantinopoli, firmata dall'autore, anche se con data apocrifa (1499). Lo schema compositivo, i personaggi e le figure citano senza nessuno spunto di originalità, opere già realizzate precedentemente. "...Si direbbe che il pittore fosse solito, ma in modo particolare per quest'opera, valersi di larghi appunti, se non addirittura utilizzare a mo' di cartone il suo repertorio di schemi figurativi e iconografici."17

Del 1602 è la pala di S. Orsola e le Compagne presente nella chiesa delle Monacelle di Modugno, dove a parere del D'Elia18 il pittore riesce a raggiungere grazie alla influenza veneta, la fusione dei colori invano ricercata nel dipinto di Ruvo: "...Per la prima volta è scomparso il duro segno di contorno e con esso violenti contrasti cromatici, sì che da un lato si potrebbe considerare l'opera un punto di arrivo nell'arte dell'Hovic, la sua definitiva conversione al verbo italiano, veneto."

La pala della chiesa di S. Francesco di Bitonto, mostra invece un altro stile, le immagini assumono misura monumentale e i colori si fanno sordi e intensi fondendosi con un'unica atmosfera. Il fatto che non esistano termini di confronto per lo stile di quest'opera nell'ambito locale e neppure italiano ha portato il D'Elia ad un accostamento di questo stile con l'arte del Greco, ipotizzando un viaggio del Nostro in Spagna o un incontro con il pittore stesso a Roma.

L'ultima opera dell'Hovic da noi conosciuta è L'Adorazione dei Magi nella chiesa di S. Angelo a Ruvo. Per lo stesso D'Elia la tela rappresenta il capolavoro del pittore, influenzato sicuramente da Jan Bremgel e Rubens visto che presenta una tavolozza arricchita e una grande minuzia nel descrivere gli oggetti e le vesti che portano i magi. Mentre i visi della Madonna e del Bambino sono abbastanza consueti, nel corteo risalta qualche viso vivace, in particolare quella dell'uomo barbuto e maturo che guarda al di fuori del quadro che, secondo la Calò, potrebbe essere un autoritratto del pittore stesso.

Per concludere, facendo un resoconto delle opere già menzionate del Nostro, ci rendiamo conto di non trattare con un pittore dalla grande personalità, che reinterpreta e rielabora i più diversi linguaggi ma, al contrario, di essere di fronte ad uno che copia "ad orecchio", senza assimilarli. Per questo, il suo non è un vero stile, ma un insieme di stili diversi: infatti, influenze emiliane, veneziane, romane, fiamminghe e persino pugliesi (derivanti dallo studio delle icone bizantine) fanno parte integrante della sua produzione.

A Mantova, l'Hovic entra in contatto con la pittura di reminiscenza raffaellesca grazie a Lorenzo Costa il Giovane, appartenente alla cerchia di Giulio Romano.

A Roma, segue le prime orme del manierismo e ammira in prima persona i capolavori di Michelangelo e di Raffaello, e dei maestri di quel periodo come lo Zuccari e il Ricci.

Al suo rientro a Bari, le reminiscenze coloristiche venete sono ancora più decise, influenze queste che l'Hovic potrebbe aver assimilato in Fiandra, data la grande circolazione di dipinti veneziani in quelle zone. Le influenze più nette di questo periodo si possono far risalire al Tintoretto e al Bassano: esse sono evidentissime, in particolar modo, nelle due tele presenti a Molfetta.

Invece, le influenze fiamminghe le ritroviamo nella ricreazione di fantasiosi e terrorifici mostri di tradizione locale, in particolare nelle tele che raffigurano il Giudizio Universale ed in un gusto minuzioso nel descrivere certi dettagli ornamentali come i gioielli e le vesti di alcuni dei personaggi.

Nell'ultima parte della sua produzione riscopriamo un gusto più marcato per il paesaggio coloristico e la compattezza di un'atmosfera unica, influenza derivante dalla pittura del Rubens.

Nonostante la discontinuità del suo stile, l'Hovic ha influenzato notevolmente la pittura pugliese del '500. Infatti, molti dipinti di questo periodo imitano la sua arte a dimostrazione della grande operosità della sua bottega, anche se non tutte le opere sono autografe.

Seguaci dell'Hovic sono Andrea Bordone romano, operante a Bari (un'opera si trova nella stessa Chiesa di S. Bernardino a Molfetta insieme a quelle del "maestro"); Alonsus de Corduba, operante a Bitonto e Nicolaus Dalmata, del quale conosciamo una sola opera sempre conservata a Bitonto.

La pittura cinquecentesca pugliese deve all'Hovic un "campionario" di modelli pittorici esistenti fuori del proprio territorio e il definitivo abbandono dei modelli arcaici e bizzantineggianti, per entrare nella nuova dimensione dello stile manierista, che staccandosi dall'originario ambiente veneto, si volgerà decisamente verso Napoli e i suoi pittori definendo il gusto pittorico locale durante tutto il seicento.

4 Calò, M.S. L'attività pugliese di Gaspar Hovic (o Heuvick) pittore fiammingo, estratto dal Bulletin de l'institut Historique Belege de Rome Fascicule XXXIV, 1962. Roma

5 H.W. Schulz, Denkmaecr der Kunts des Mittelalters in unteritalien, Dresda, 1860, vol 1. Pag 70.

6 Salmi M. Appunti per la storia della Pittura in Puglia in L'Arte, 1919.

7 Salvemini A. Saggio Storico sulla città di Molfetta, Napoli, 1878

8 E. Bernich, La Cattedrale e i monumenti di Ruvo, Bari, 1901

9 I. Galizia, Ricerche storiche sulla città di Polignano a Mare, Manduria, 1924

10 T.H. Fokker, Werke Niederländischer Meister in den Kirchen Italiens, Haag 1931.

11 C Van Mander, Le Livre des Peintres. Vie des Peintres flamand, hollandais et allemands (1604). Traduction, notes et commentaires par Herri Hymans, Paris 1884-85

12 D.J. VANDER MEERSCH. Gaspar Heuwick. Jean Snellinck et Simon de Pape, peintres belges, et quelques-unes des leurs productions, in Messager des Sciences historiques et archives des arts de Belgique, Gand, 1845

13 G.K. NAGLER, Monogrammisten, Monaco,1863, t. III p. 162 n. 517

14 Le livres des peintres de Carel van Mander. Vie des Peintres flammans, hollandais et allemans (160). Traduction, notes et commentaries par Henri Hymans, Paris 1884-85

15 CALO, M.S. L'attività pugliese...Op. Cit.,1962

16 D'Elia M. Gaspar Hovic in "Commentari", 1962

17 M.S. CALO', Ibidem. pag 474

18 D'Elia M. Op. Cit. Pag 60